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Il castello di Torrechiara è un maniero quattrocentesco dai tratti contemporaneamente medievali medioevali e rinascimentali collocato sulla cima di un colle roccioso panoramico alle porte della Val Parma, è affiancato dal piccolo borgo medievale di Torrechiara, frazione di Langhirano, in provincia di Parma.
Voluto dal conte Pier Maria II de’ Rossi quale possente struttura difensiva ed elegante nido d’amore per sé e l’amante Bianca Pellegrini, è considerato uno dei più notevoli, scenografici e meglio conservati castelli d’Italia. Dal 1911 monumento nazionale italiano, tutelato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in consegna al Polo museale dell’Emilia-Romagna, è inserito nel circuito dell’Associazione dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza.
L’ambiente, nato probabilmente quale camera da letto e studiolo privato di Pier Maria II de’ Rossi, è noto per il ciclo di affreschi dipinti probabilmente da Benedetto Bembo nel 1462, anche se non esistono fonti certe né sulla data di esecuzione né sull’autore, che alcuni studiosi individuano in Girolamo Bembo, fratello di Benedetto,e altri in Francesco Tacconi. Le opere costituiscono l’unico esempio in tutta Italia di un ciclo di dipinti medievali incentrati sulla glorificazione dell’amor cortese tra due personaggi realmente esistiti.
Le pareti della sala sono rivestite fino al piano di imposta della volta a crociera con formelle di terracotta ornate con altorilievi e coperte originariamente da pitture e da una decorazione in foglia d’oro, asportata da Pietro Cacciaguerra intorno al 1910. Le lunette e il soffitto sono dipinti con affreschi fortemente simbolici, celebrativi dell’amore tra Pier Maria II de’ Rossi e l’amante Bianca Pellegrini, rappresentati nelle varie scene, e del grande potere del conte, sottolineato dalla realistica raffigurazione dei suoi numerosi castelli nel Parmense.
Dello studiolo, disperso con gli altri arredi agli inizi del XX secolo, si conserva la finestrella aperta verso la loggia, decorata con affreschi in monocromo.
La portafinestra della parete orientale si apre con una scala di alcuni gradini sulla loggia di nord-est,simmetrica rispetto alla loggia aggettante dalla torre di San Nicomede. L’ampia terrazza tardo-cinquecentesca, coperta dal tetto sostenuto da una serie di pilastri perimetrali in mattoni, si affaccia a 270° sulla Val Parma e sulla pianura a nord.
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Accanto all’oratorio di San Nicomede si affacciano sul porticato est le tre “Sale a giorno”, destinate alle dame di corte per la lettura, il ricamo e la musica; gli ambienti traggono il loro nome dai soggetti degli affreschi a grottesche che ne ornano le volte, realizzati da Cesare Baglioni e aiuti intorno al 1584, unitamente alle altre stanze del piano terreno a eccezione della Sala del Velario dipinta nel 1575.
La prima sala, comunicante a sud con la cappella, a sud-est con le prigioni e a nord con la Sala del Pergolato, è coperta da una volta a botte, al cui centro campeggia un ovale con cornice mistilinea, contenente, accanto a un’aquila, Giove su una nuvola intento a scagliare un fulmine.
Il resto della copertura e le ampie lunette da essa sottese sono riccamente decorati con simmetrici affreschi a grottesche di Cesare Baglioni e Innocenzo Martini,raffiguranti con colori accesi su uno sfondo bianco alti templi contenenti bracieri, bucrani, sfingi, ninfe, vasi, uccelli, cornucopie, edicole, intrecci di rami, arabeschi, nastri, animali fantastici e varie figure femminili. Si distingue la parete orientale, ornata con un dipinto rappresentante un’intelaiatura vegetale a sfondo celeste, che funge da appoggio per numerose specie di uccelli.
La seconda sala, collocata al centro dell’ala est, è coperta da una volta a botte, quasi interamente decorata con un affresco a trompe-l’ œil raffigurante un pergolato, che interrompe irregolarmente le grottesche rappresentate sul contorno; i dipinti proseguono anche sulle grandi lunette sottese sulle due pareti.
Sulle fitte maglie quadrate della pergola lignea, retta da pilastri, si intrecciano i tralci di vite, ricchi di grappoli d’uva; sullo sfondo celeste volano numerosi uccelli di specie diverse, alcuni dei quali non autoctoni. Sul bordo le grottesche a sfondo bianco, spezzate dal trompe-l’ œil, raffigurano sfingi, vasi e figure femminili e mitologiche, tra cui Marte e Venere.
Sulle pareti sono inoltre rappresentati finti paesaggi con rovine, piante e muri sbrecciati, simulando con maggior rilevanza l’effetto dello squarcio dei muri della sala.
La terza sala dell’ala est è coperta da una volta a botte, al cui centro campeggia un rettangolo incorniciato, contenente un grande amorino in volo tra le nuvole recando nelle mani due mazzi di fiori campestri; sui quattro lati si stagliano altrettanti ovali raffiguranti rovine di edifici sullo sfondo di paesaggi immaginari, con ponti, corsi d’acqua, alberi e alti monti.
I simmetrici affreschi a grottesche, estesi sulla copertura e sulle pareti, rappresentano con colori accesi su uno sfondo bianco arabeschi, figure femminili, animali fantastici e, all’interno di cammei, lotte tra guerrieri e personaggi mitologici
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La sala è coperta da un’ampia volta a botte, al cui centro campeggia un grande ovale con cornice doppia, contenente, oltre una finta balaustra retta da colonne, la Vittoria in volo tra le nuvole; la divinità reca nelle mani una corona d’alloro e un ramo di ulivo, rispettivamente allegorici della gloria terrena e della pace tra Dio e gli uomini,resa possibile dalla protezione del papa e dell’imperatore del Sacro Romano Impero.
Sulla copertura e sulle pareti si estende la ricca e solenne decorazione a grottesche. Intorno all’ovale centrale si trovano quattro grandi festoni con frutta e fiori, su cui scendono gli uccelli in volo;ai lati quattro cornici mistilinee racchiudono altrettanti putti in volo tra le nubi, recanti una spada, un elmo, una mazza e uno scudo; sulle estremità si trovano quattro grandi sfingi affiancate da figure mitologiche e fantastiche.
Sulla porta di accesso alla Sala dei Paesaggi si staglia nell’ampia lunetta la raffigurazione della Fama, che, seduta su una conchiglia tra prigionieri incatenati, suona una sottile tromba annunciando la vittoria.
Ai lati della finestra posta sulla parete di fronte sono rappresentati i due grandi stemmi dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo e del papa Gregorio XIII, simboleggianti rispettivamente il potere temporale e quello spirituale.
L’ambiente conserva infine un camino cinquecentesco, sulla cui cappa è dipinto un paesaggio.
La sala è coperta da una volta a crociera, ornata con dipinti raffiguranti, uno per spicchio, quattro putti, impropriamente definiti angeli benché privi di ali; le figure, appoggiate su balaustre, recano tra le mani tre rami di melo cotogno, un anello con diamante e una corona da conte.
Le vele sono separate da larghe cornici riccamente decorate, che convergono in chiave di volta in un cartiglio circondato dalla scritta Herculea colecta durant manu fragrantia (“Le gesta valorose degli Sforza emanano ancora profumo”); nel mezzo si staglia un altro ramo di melo cotogno, simbolo, insieme al leone, degli Sforza di Santa Fiora.
Le lunette sottese sulle pareti sono ornate con affreschi raffiguranti prospetticamente una balaustra marmorea perimetrale, scandita da pilastri di sostegno riccamente decorati; su di essa poggiano lateralmente alcuni uccelli esotici, tra cui pavoni e pappagalli, e centralmente quattro grandi cartigli contenenti stemmi degli Sforza e delle famiglie loro imparentate
Il grande salone si allunga nell’ala nord tra la torre della Camera d’Oro e la torre del Leone; l’ambiente, nato quale sala di rappresentanza, si affaccia con un portale centrale sulla Corte d’Onore e con tre simmetriche portefinestre sullo spalto settentrionale.
La stanza è chiusa superiormente da una volta a botte lunettata in corrispondenza delle tre aperture; le pareti e la copertura sono interamente ornate con affreschi realizzati probabilmente da Giovanni Antonio Paganino, più volte collaboratore di Cesare Baglioni.
Il soffitto presenta quattro grandi riquadri con cornice mistilinea, retti da finte architetture con colonnati prospetticamente scorciati; al centro di ognuno si staglia tra le nubi, dietro alla balaustra perimetrale, un putto alato recante un’arma e uno scudo.
Le lunette della volta e delle pareti sono decorate a grottesche; tra le numerose figure rappresentate, si notano alcune scene dai tratti fortemente ironici, tra cui un ragazzo a cavallo di un ariete e un teatrino con un guitto musicista e un nano barbuto.
Ai fianchi del portale della parete sud sono raffigurate, al centro di ampi riquadri incorniciati, due grandi carte geografiche di regioni italiane.
L’ambiente, nato come sala di rappresentanza destinata a stupire gli ospiti,è coperto da un soffitto piano e spoglio, mentre le pareti sono interamente decorate con affreschi realizzati in un breve periodo di tempo da Cesare Baglioni, Giovanni Antonio Paganino e probabilmente Innocenzo Martini, che si occuparono ciascuno di un differente ambito di lavoro. Mentre sulla fascia perimetrale superiore corre un ricco fregio composto da venti scene intervallate da cariatidi, il resti dei muri è coperto con dipinti a grottesche.
Le pareti corte sono caratterizzate dalla presenza di un grande stemma che campeggia in sommità tra le grottesche; a est è raffigurato l’emblema del duca Alessandro Farnese, cinto dal Toson d’oro, mentre a ovest si trova quello di suo figlio Ranuccio I Farnese, reggente al posto del padre.
Altri quattro stemmi si stagliano tra le finestre dei muri lunghi. Dei due posti a sud, il primo, cinto dal Toson d’oro, è diviso in due parti, contenenti un leone, blasone degli Sforza di Santa Fiora, e una colonna, emblema dei principi Cesarini, aggiunta oltre un secolo dopo probabilmente al posto dell’insegna di Sforza I Sforza; il secondo, probabile stemma di Francesco Sforza, è anch’esso diviso in due parti, contenenti i blasoni degli Sforza e dei de Nobili di Montepulciano. Dei due posti a nord, il primo è riferito al cardinale Ferdinando Farnese, mentre il secondo al cardinale Francesco Sforza.
Le ricchissime grottesche, dipinte a colori accesi su sfondo bianco, raffigurano templi, uccelli, sfingi, ninfe, vasi, edicole, arabeschi, nastri, animali fantastici e varie figure femminili. La scena più significativa, da cui deriva il nome del salone, è rappresentata al centro della parete nord, sopra al camino: un’ampia cornice mistilinea racchiude un gruppo di equilibristi e giocolieri, che, in bilico su quattro leoni, si esibiscono in una scenografica piramide umana.
Le pareti corte sono inoltre decorate con due finte porte, aggiunte per simmetria con quelle reali; da esse escono una serva recante un bacile, a est, e un ragazzo con un vassoio in mano, a ovest.
Il fregio perimetrale in sommità è composto dalla successione di 20 scene, suddivise da cariatidi dorate. Delle 3 poste sulle pareti corte, quelle centrali raffigurano dei paesaggi, mentre quelle laterali allegorie. Delle 7 poste su quelle lunghe, quelle centrali rappresentano allegoricamente e trionfalmente la casata degli Sforza di Santa Fiora, le due adiacenti dei paesaggi, le due successive delle battaglie e le due più esterne altre allegorie