COMUNICATO STAMPA
Parma, 20 maggio2017- In occasione della Festa dei Musei 2017, nell’ambito dell’International Museum Day patrocinato dal Consiglio d’Europa e dall’Unesco, promosso fin dal 1977 dall’ International Council ofMuseum (ICOM), la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza organizza un pomeriggio di studi dedicato al castello di Torrechiara ,alla sua storia e alle molteplici vicende trasformative architettoniche ,nel corso del quale saranno illustrati i risultati inediti alla luce delle più recenti ricerche documentarie ed indagini archeologiche sugli alzati del manufatto..Il cantiere rossiano di Torrechiara: vicende architettoniche e decorative dal XV al XIX secolo, ovvero Lo spettacolo della cultura per richiamare il titolo di una delle tipologie di eventi individuate quest’anno dal Mibact,bene si attaglia all’ evento promosso da questa Soprintendenza che intende incentivare la conoscenza del patrimonio culturale del territorio, integrandola nelle consuete modalità di fruizione.
Sabato 20 maggio a partire dalle ore 15.30 nella storica biblioteca del convento di San Giovanni evangelista, dopo il saluto di indirizzo del Soprintendente dott.ssa Giovanna Paolozzi Strozzi, l’architetto Marina Ferrari funzionario di zona della Soprintendenza, aprirà il pomeriggio di studio cui seguiranno gli interventi dell’ Architetto Stefano Botti e della’ Architetto Luciano Serchia ,fino al 2013 sopraintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza. L’evento è accreditato dall’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Parma e dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Parma.
Nel 2016, la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio delle province di Parma e Piacenza ha fatto eseguire il rilievo metrico, laser scanner e fotogrammetrico, del rilevante complesso castellano di Torrechiara, unitamente alla sistematica indagine storico-critica delle intricate stratificazioni del palinsesto architettonico, con l’intento di ricostruire l’intero percorso del cantiere rossiano e delle sue successive e più indicative fasi trasformative. L’operazione ha consentito di raggiungere dei primi importati risultati, per certi versi sorprendenti, che in alcuni casi rimettono in discussione le conoscenze acquisite dalla storiografia tradizionale e rendono finalmente possibile restituire un quadro conoscitivo del complesso che potrà essere costantemente implementato per mezzo della banca dati correlata informaticamente al cospicuo materiale documentario già acquisito, coniugando così i precetti etici della conservazione con quelli della valorizzazione. E se il paesaggio castellano non può sottrarsi ai mutamenti imposti dal divenire della vita, sarà il progetto di valorizzazione conservativa, da intendersi come processo sperimentale da sottoporre a continua verifica, a rendere attingibile I complessi fenomeni culturali stratificati nell’artefatto e oggi immersi nelle agitate e travolgenti acque della modernizzazione tecnologica.Nell’immaginario collettivo, il castello di Torrechiara sembra rappresentare una vetta tra le più ambite tra i complessi monumentali di questo tipo. L’interesse suscitato nel visitatore risiede probabilmente nel fascino emanato dalle sue imponenti masse murarie che si ergono sulle prime propaggini della collina che si affaccia sul torrente Parma come un artefatto armonicamente inserito nel contesto paesaggistico locale. Il felice connubio tra l’artificio castellano e la natura circostante è il frutto della sapiente disposizione del primo impianto rossiano, caratterizzato da quattro torri d’angolo che, nel serrare a corte i fabbricati costruiti sui lati del quadrangolo, dominano incontrastate le tre cinte di mura che solcano, su più livelli terrazzati, le pendici del colle. La “ciclopica” mole della costruzione rende difficile credere che il cantiere sia durato solo dodici anni, dal 1448 al 1460, e alcune recentissime scoperte, verificate con il rilievo laser scanner e con riscontri di tipo archeologico, accreditano sempre più la convinzione che i lavori abbiano avuto una durata di gran lunga maggiore, come per altro aveva sostenuto Jacopo Caviceo che intorno al 1490 scrisse in latino la prima biografia di Pier Maria Rossi. Il processo di adattamento e trasformazione che ha coinvolto il castello a cominciare dalla metà delCinquecento ha finito per attenuare le asprezze delle creste accidentate e impettite del sistema fortificato rossiano, aprendolo con amene visuali verso i molteplici orizzonti vallivi. Così, i preesistenti e più agguerriti contrasti plastici sono stati stemperati da nuovi innesti architettonici, come le splendide logge del versante orientale, che colloquiano con il chiaro scuro delle macchie boscate e con i reticoli geometrici dei vigneti dispiegati a cavalcapoggio sulle colline con sublimi effetti assorbenti e suggestive dissolvenze.
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